La ballata della Piola

La ballata della Piola

Era il 2007, poco dopo Natale. Jacopo era tornato da Bruxelles per le feste e, seduto a un tavolino di un bar di Modena mi dice: “Gappa perché non vieni a fine febbraio alla Piola a Bruxelles a suonare le tue canzoni? Il giorno dopo ospitiamo Capossela…”. Jacopo lo conosco dai tempi del liceo, abbiamo sempre condiviso l’interesse per certi libri e per la baracca. Tipo sfuggente e inquieto, ha trovato il suo posto nel mondo in Belgio dove ha dato vita, insieme a tale piemontese Nicola alla Piola Libri, un’enoteca con libreria italiana annessa (la prima a Bruxelles). 

La proposta di Jacopo ha avuto l’effetto di una tanica di benzina su un fuocherello. Avevo appena ripreso a scrivere canzoni, dopo almeno dieci anni di silenzio (tranne una canzoncina scritta due anni prima, per il compleanno di una morosina), avevo due mesi davanti per prepararmi e comunque c’era già un mio bel repertorio di almeno venti pezzi da riesumare dalla polvere di certi quadernoni con le anelle degli anni novanta. Avevo anche appena acquistato la mia attuale chitarra Taylor 214e, in occasione di una gita romana per un congressino. Cosa mi mancava? Le canzoni c’erano, lo strumento c’era, nell’anno precedente avevo persino preso lezioni di canto. Dai…la mia porca figura l’avrei fatta! Jacopo in realtà non si ricordava molte mie canzoni dai tempi dei tempi, tranne forse Comandante e Barcellona, due ballate da “vecchia scuola cantautori” che avevo scritto intorno ai vent’anni.

Il resto del repertorio era composto per lo più da canzoni un po’ melense, adolescenzialesistenzialiste, a tratti romantiche, scritte soprattutto nel contesto di tribolazioni sentitimentali, insomma na pizza… Nonostante tutto, il repertorio mi convinceva abbastanza, tanto che una sera di gennaio invitai anche la mia amica fotografa Ludo per un concerto privato con foto session inclusa. Chiaramente le foto erano in linea con le canzoni: primi piani con sguardo magnetico, espressioni del viso tipo “baby, it’s wild world…” o del tipo “in un mondo che non ci vuole più il mio canto libero sei tu…”.

Poi, verso metà gennaio, cominciò a succedere qualcosa di davvero molto strano. Madame Ispirazione tornò a trovarmi, ma la visita fu devastante, una vera emorragia di creatività. Il mio cervello cominciò a produrre  una quantità di idee e immagini per  testi di canzone che aveva la stessa potenza di un fiume in piena, che spacca gli argini e allaga tutto. Mi sentivo super recettivo, come se indossassi un nuovo paio di occhiali ai raggi X per guardare la realtà e quasi ogni cosa poteva ipoteticamente ispirarmi. So a cosa state pensando…non stavo facendo uso di droghe, lo giuro! Aprii addirittura un file chiamato Frasi e Immagini, che ancora conservo, in cui scrivevo parole su parole su parole su parole…che avrei potuto usare per le canzoni. Un’altra sensazione che avevo in quel periodo era come se qualcuno mi avesse inciso un ascesso incistato nel cervello, facendo uscire tutto ciò che si era accumulato in dieci anni: cose poetiche, cose che facevano ridere, cose sarcastiche e arrabbiate, cose inutili.

Le nuove canzoni cominciarono a prendere forma di giorno e di notte. In quel periodo dormivo con la chitarra e alcuni brani furono composti la mattina presto e la notte. I vicini cominciarono a lamentarsi, ma il fiume non si curava di niente, continuava a investire tutto, e io sulla mia zattera con carta e penna a cercare di afferrare quello che passava. A tratti mi preoccupai anche, pensando di stare vivendo un episodio ipomanicale, anche se altri sintomi, a parte un bisogno compulsivo di scrivere canzoni, non ne avevo. In quel periodo mi fu d’aiuto il mio analista, che mi rassicurò ricordandomi che le canzoni le scrivevo fin dall’adolescenza e che probabilmente erano rimaste schiacciate e chiuse dentro qualche scatoletta magica del cervello per tanti anni, onde poi saltare fuori come un clown a molle.

Scrissi circa venti brani, otto dei quali entrarono nel mio primo CD del 2008, Cervello in Fuga. Molte canzoni erano ironiche, caratterizzate da un registro comunicativo che non avevo mai usato in vita mia, ma che mi sentivo addosso perfettamente. Erano senza dubbio canzoni da cantautore, anche se questa parola può non significare molto al giorno d’oggi, ma chi vuole intendere intende. Al concerto della Piola rimasero solo Comandante e Barcellona del vecchio repertorio, tutto il resto venne sostituito dalla nuova produzione, tanto che il commento della Ludo prima della partenza, alle prove generali, fu “Mi sa che ci sarà bisogno di una nuova foto session!”.

Il concerto fu un successone. Gli amici erano davvero sorpresi dalle canzoni che uscivano dal cappello: Dottò, La famiglia del rettore, Cervello in fuga, La gangbang…Un’amica italobelga mi confessò addirittura di essersi commossa la prima volta che ha ascoltato La gangbang e ogni tanto ci penso e non sono ancora riuscito a ipotizzare nulla dietro quella inaspettata ed assurda reazione emotiva. Il concerto di Vinicio il giorno successivo fu la solita esperienza mistica e sciamanica, fantasiosa e folcloristica, con suggestioni che solo quel grande emigrante della musica riesce a regalare.

L’anno successivo Jacopo mi fece aprire il concerto di Daniele Silvestri. Quella volta andai su accompagnato dai miei giovani musici Lorenzo e Simone, in un epico viaggio in macchina attraverso mezza Europa. Il concerto si teneva la sera di San Valentino e con mio sommo sconcerto la canzone più apprezzata fu La trombamica, una parodia de L’anno che verrà di Dalla (Trombamica ti scrivo…) che racconta di questa nuova figura che si è imposta nell’ambito delle relazioni affettive umane. L’anno successivo avrei dovuto aprire il concerto di Max Gazzè, ma quel concerto fu annullato, anche se Jacopo mi regalò la locandina che aveva già stampato, dicendomi che faceva curriculum lo stesso. L’anno dopo ancora mi venne concessa l’apertura del concerto di Sergio Caputo, che in realtà non gradiva un opening act, così il mio concerto seguì il suo, ma in quella occasione avevo una claque talmente faziosa che alla fine alcuni si chiedevano se non fossi io quello famoso e Caputo la spalla. Potere della Piola.

Ogni cantautore che si rispetti ha il suo locale (spesso dotato di pianoforte scordato) dove consuma le notti, cerca ispirazione per comporre pezzi nuovi, gioca a carte e si confessa con la prosperosa cameriera che appoggia i seni sul bancone. Per me quel locale è la Piola libri, anche se non è il massimo della comodità, visto che è raggiungibile da Modena in circa 18 ore di macchina o con un Ryan Air da deportazione su CharleroiE’ un posto sempre pieno di persone in transito, libri aperti, bicchieri di vino vuoti. E’ un posto sicuro e caldo, un ottimo contenitore di canzoni. Come recita la Ballata della Piola (mia hit che è stata per anni sul sito www.piolalibri.be): Così bevo un bel libro e mi leggo un buon vino…

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