I suonatori Jones de la Djeema el-Fna di Marrakech

I suonatori Jones de la Djeema el-Fna di Marrakech

E poi se la gente sa e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare…Il suonatore Jones, Fabrizio de Andrè1971

Sono arrivato alla piazza Djeema el-Fna di Marrakech dalle stradine strette della kasbah piene di souvenir, venditori, motorini sfreccianti e continui richiami del tipo “Italiano? Di dove? Milano? Napoli?…etc”. La piazza ha il forte richiamo del Circo, del Pifferaio magico, di un luogo dove le meraviglie degli incantatori di serpenti e degli addomesticatori di scimmie si confondono col fumo delle griglie e coi ritmi incessanti dei cantastorie. Ci sono tanti gruppi musicali che si esibiscono ogni sera da almeno mille anni, mantenendo vivo un patrimonio di canzoni tradizionali che non hanno prezzo, che valgono molto di più dei pochi dirham che ricevono da un pubblico sempre attento e rispettoso. Mi ha colpito che i musici si presentino in piazza, oltre che con i ferri del mestiere (banjo, tamburi, darbuka, castagnettes), anche con delle piccole seggioline di plastica per fare accomodare il pubblico, creando dei mini-anfiteatri circolari. Il racconto orale ha una forte tradizione nei paesi arabi, si pensi a Mille e una notte, bellissima metafora in cui le storie narrate salvino la vita alla protagonista. Le storie raccontate a Djeema el-Fna sono tutte in arabo o nei dialetti berberi e io chiaramente non ci capivo un accidente, ma la visione di un tamburo solo soletto in un angolo ha fatto nascere in me il bisogno di unirmi a uno di quei gruppi, per una partecipazione almeno emotiva alla situazione. Chiaramente i musici mi hanno accolto con la consueta ospitalità marocchina e fin che non partivano con dei ritmi dispari incasinatissimi, sono riuscito anche a seguirli con i miei rudimenti ritmici di cantastorie del vecchio continente. I parrucconi dell’UNESCO hanno dichiarato nel 2001 Djeema el-Fna “Capolavoro del Patrimonio Orale e Immateriale dell’Umanità”, mi piace molto questa definizione, soprattutto il patrimonio immateriale, di cui anche noi in Italia saremmo ricchissimi, ma che interessa sempre meno di un reality o di una partita di calcio. Il bisogno di raccontare e di ascoltare delle storie nasce con l’uomo, ma oggi ha preso anche altre forme (libri, internet, tv…). Ma vogliamo mettere con il ritrovarsi assieme alla sera nel centro della città ad ascoltare le storie, i miti dei nostri antenati? Certe città sarebbero ben più interessanti e umane se avessero più piazze Djeema el-Fna e meno centri commerciali. Ringrazio i musici marocchini per avermi permesso di liscirmi un po’ calli sui loro tamburi, sperando ci siano altre occasioni. Inshallah

 

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